martedì 31 maggio 2011

fare e non fare

la vita si svolge a partire da azioni ed è costituita da azioni. pensare, fare, non fare, non pensare. sono tutte decisioni piu o meno volontarie circa un'agire.
solitamente noi, ma anche gli animali, siamo soggetti a routinizzare ogni cosa, creare abitudini e dipendenze emozionali nei confronti delle azioni. seguiamo quindi degli schemi, delle sequenze che ci danno sicurezza e svolgiamo sempre le stesse azioni nello stesso modo.
il problema subentra quando proviamo ad agire diversamente, a fare qualcosa che spezza ( anche solo momentaneamente ) la sequenza, lo schema, la routine.
quando proviamo a farlo ci viene subito la tentazione di lasciar perdere e tornare al vecchio schema.
Siamo persone pigre che non fanno praticamente nulla di pratico tutto il giorno eccetto qualcosa di mentale ? bene non vogliamo mai fare nulla oltre all'oziare, la fatica non fa per noi ed anche se una cosa non ci costa fatica, siccome è pur sempre qualcosa di diverso dal non fare nulla noi non la faremo, e se la facciamo la facciamo male, di fretta e non vediamo l'ora di tornare alla noia o a quello che stavamo facendo a risprmio energetico. una persone pigra è raro che si impegni in qualcosa, qualsiasi cosa essa sia.
Siamo persone molto attive che non stanno mai ferme ? provate a far loro fare rilassamento o autoipnosi. sarà molto difficile smuovere un pigro o far calmare una persona molto attiva. entrambe queste tipologie di persona hanno in comune una cosa : sono dipendenti dallo stile di vita che conducono e non lo voglio cambiare. sono totalmente identificate nelle proprie abitudini comportamentali, nè più nè meno di un fumatore o di un drogato.
l'equilibrio sta nel riuscire ad essere sia attivi che sereni e calmi. imparare ad essere in pace e quiete ma saper anche essere attivi. in sintesi, basterebbe guardare alla vita, ed alle azioni, come possibilità esperienziali diverse e quindi non farsi scoraggiare dalla routine nè da ciò che potrebbe romperla, ma anzi essere felici di questa possibile rottura di routine in quanto questa apre nuove porte.

spesso pensiamo di fare una cosa e ci "viene male" al solo pensiero, ci scoraggiamo subito e pensiamo  sottovoce : no, questo non fa per me. non me la sento proprio in questo momento.  a volte è vero, a volte veramente vogliamo fare altro o dedicarci a noi, ma sapete quante volte invece se proviamo ad agire scopriamo che in verità che pensiero sottovoce non era altro che la manifestazione dell'abitudine che dice : no, non mi rompere la sequenza. fammi stare cosi e lasciami nella mia convinzione. non voglio dimostrare a me stesso che posso ! Ed è questa la svolta, imparare che noi possiamo fare tutto se dedichiamo attenzione e consapevolezza nel qui ed ora, come quando si corre o si fa ginnastica, se ci si focalizza sulla stanchezza o su una metà si sentirà sempre la fatica e si penserà : appena arrivo a X mi fermo e mi riposo.  se invece la nostra attenzione va all'esercizio fisico e permettiamo che esista solamente l'esercizio, ci ritroveremo ad aver superato di gran lunga i nostri "limiti" senza faticare.

basta prendere un pensiero, focalizzarsi su di esso e pensare : SI.  ma sempre ascoltando sestessi. non possiamo far correre una macchina senza benzina.

sabato 21 maggio 2011

dev'essere un non essere

dev'essere proprio l'Essenza del tutto quella cosa che vive in te, in me.
ti puoi sentire ? ti percepisci interiormente ? lo senti che sei fatto di una sostanza viva e vibrante ?
la senti l'energia che scorre nei tuoi neuroni? hai l'impressione di essere energia che viene impressionata dai sensi pressapoco come una pellicola di una macchina fotografica dalla luce ?
si, dev'essere proprio questa la sostanza viva che chiamiamo Dio.
qui sorge un problema, la mia identità, ossia un costrutto artistico che la coscienza, mente, o che dir si voglia, che cos'è?
io sono l'identità o quella presenza che osserva ? mi vien da rispondere che sono la presenza che osserva da cui, per altro, l'illusione del'identità è nata ed uscita. l'identità  è una seria di modi e modalità, tecniche... , tramite cui la coscienza si rapporta col mondo esterno, il problema è quando smettiamo di capire chi siamo e ci identifichiamo con l'identità.

dopo la morte esiste quindi la vita ? probabilmente non come identità, ma è altresì probabile che sussita come identità. esisterà la presenza silenziosa vibrante e fatta di vita ? beh certamente si  e poco importa che IO resterò dopo la mia morte o se LUI continuerà a creare vita, ciò che sempre resterà è la VITA, ed io ne sono certamente parte.

è importante amare  ? si e no, non è importante amare ma è importante star bene dentro e l'amore è come una droga che da benessere. il problema dell'essere umano è pensare che lo stato d'amore sia perenne, certo può esserlo ma è arduo. ha piu senso imparare a trovare l'equilibrio dell'accettazione del bene e del male. sapere che ogni cosa ha esiti positivi e negativi, bene e male coesistono nello stesso punto poichè è il nostro sistema mentale a percepirli, accettare questo significa accettare l'intera esistenza e da li in avanti una strana forma d'amore inizia a prendere vita. il bene ed il male non esistono di per sè, possiamo definire bene ciò che porta piacere a sè ed agli altri, e male ciò che gli è opposto. tutto questo però dipende da una percezione soggettiva, culturale e introspettiva, quindi in assoluto possiamo dire che bene e male siano relativi, ma soggettivamente essi esistono e alimentano la nostra vita con oscillazioni cicliche

sabato 7 maggio 2011

mercoledì 4 maggio 2011

giudizio

tutti noi giudichiamo, gli animali stessi giudicano.
il giudizio si divide in fasi, c'è la prima impressione, la sua evoluzione, il suo distacco e quello stabile.
sono tutti sbagliati !
la prima impressione solitamente è il riflesso di noi stessi, etichettiamo nell'altro ciò che sappiamo di noi stessi, vediamo noi stessi nell'altro detto in sintesi. la prima impressione è necessariamente sbagliata.
la sua evoluzione non può che essere una porcheria, partiamo da una base errata e su questa creiamo giustificazioni costanti basandoci sulla nostra sensazione di attrazione o repulsione. in sintesi, ci appelliamo a bisogni e routine e creiamo costruzioni psichiche di giudizi ed etichette per avere una motivazione relazionale ( che sia con un evento, un fatto, una situazione o una persona ).
le menti più sottili riconoscono questi giochetti e si distaccano dalle prime impressioni e delle loro evoluzioni e, indagando analiticamente, cercano di capire la situazione, la persone o quello cui ci stanno rapportando.
la fase del distacco è la fase dell'umiltà e dell'intelletto, riconosciamo il nostro limite comprensivo.
purtroppo però qui la mente ci tende un inganno, capire un'altra persona usando la mente è impossibile, ci si può avvicinare di striscio ma non si può avere un quadro di insieme. troppe sono le influenze sul giudizio e sui ragionamenti, il nostro vissuto, le associazioni emotive, la nostra conoscenza in merito a determinate cose, il nostro umore del momento, le nostre tendenze di base, la nostro routine e le nostre credenze circa noi stessi e il mondo esterno. però purtroppo molte persone poi credono di avere capito totalmente l'altro, qui si giunge al giudizio statico, stabile : cristallizzato.

come uscire da questo labirinto di etichettatura ?
occorre riconoscere il limite della mente, essa etichetta per associazioni conosciute e incerte, parziali, spesso errate.
se una persona è arrabbiata, parlerà con rabbia. magari è arrabbiata perchè associa certe cose nella sua mente o perchè ha bisogno di essere arrabbiata, etichettarla come rabbiosa, inferiore o altro non è che un   altro errore percettivo della mente del giudice. o credere che una persona timida sia timida per Tot motivi o presumere di sapere quello esatto è un altro errore. cercare di giudicare o etichettare è una perdita di tempo ed energie mentali che potrebbero venire usate in altri modi piu propedeutici all'evoluzione individuale.
il giudizio perfetto è il non giudizio, è la constatazione. sei arrabbiata? bene il giudizio perfetto  è : in questo momento questa persona prova l'emozione rabbia per motivi e cause che IO NON POSSO SAPERE.
una persona vive con odio? quella persone affronta la vita con odio, punto e basta, non bisogna etichettarla, escluderla, giudicarla ecc perchè facendolo non facciamo che rapportarci a quella persona secondo script comportamentali nostri, associazioni mentali errate che deteniamo in memoria.
se l'uomo si apre all'osservazione distaccata della realtà, coglie aspetti che il ragionamento fine a se stesso non potrà mai cogliere, specie quello logico.  si apre al dispiegarsi di un mondo completamente diverso, decisamente più bello, in cui le risposte alle grandi domande esistenziali si trovano già belle e impacchettate e pronte all'uso. ma attenzione a non cadere nei tranelli della mente..